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Quale storia svela il significato segreto dell’opera Amore e Psiche di Canova?

L’attesa di un bacio. La cristallizzazione di un attimo sospeso che solo il marmo sa trasformare in eternità, grazie alle abili mani di uno scultore italiano di Possagno, Antonio Canova, padre del Neoclassicismo. Non si tratta di un abbraccio qualunque ma del primo abbraccio divino, episodio tratto dalla favola dell’Asino d’oro dello scrittore latino Apuleio che narra la prova a cui era stata costretta Psiche per aver suscitato la gelosia di Venere che consisteva nel dover consegnare alla dea un vaso ricevuto da Proserpina nell’Ade, senza aprirlo. Ma si sa, la curiosità è donna e la violazione del divieto fece cadere Psiche in un sonno profondo, dal quale verrà risvegliata con un bacio di Amore. Questa la storia che ispirò una delle più ammirate sculture al mondo.

Perché il Canova scelse di rappresentare questo tema?

Trattasi di un soggetto poetico, un’opera di genere “delicato e gentile” come la definirà l’artista stesso. Il tema, molto diffuso all’epoca, venne scelto dal Canova perché permetteva all’artista di mostrare la sua maestria nella rappresentazione dei corpi in movimento, intrecciati attraverso lo schema ad X .  La scultura infatti per essere meglio fruita richiede di ruotarle attorno e ad ogni nuovo punto di vista si scoprono nuove prospettive e dettagli. Questo rende la struttura dell’opera estremamente complessa, una scultura dove anche il vuoto ha il suo valore formale nel rendere viva l’opera.

Il focus dell’opera risulta essere il delicato abbraccio, quasi a voler proteggere e tenere uniti i due volti in uno stato di reciproca contemplazione. Le due creature si sfiorano appena ed il sensuale corpo di Psiche sembra distendersi nella tensione estrema delle braccia che si limitano a sfiorare i ricci di Amore. Le lunghe ali del dio, protese verso l’alto, conferiscono un senso di movimento all’apparente quiete dei corpi adagiati su di una roccia. Possiamo ammirare come il pregiato  marmo di Carrara, levigatissimo, sia stato lavorato con estrema delicatezza e perfezione esecutiva e come invece la base rocciosa sia stata volutamente lasciata grezza, per creare il contrasto tra la pelle levigata ed il piedistallo.

Cosa ci insegnano le opere del Canova?

Di fronte alle opere canoviane si percepiscono quelli che sono i grandi insegnamenti del massimo teorico del Neoclassicismo, il Winckelmann, il quale ci ricorda nel suo saggio “Il bello nell’arte” che la bellezza di un corpo può ridursi a certi principi ma non si può mai definire, in quanto superiore al nostro intelletto. Egli afferma inoltre che “Ogni creatura ha in sé l’impronta della perfezione  anche se il vero compimento della bellezza non esiste se non in Dio”. La bellezza, sembra suggerire Canova attraverso i suoi poetici soggetti, è qualcosa di spirituale che trascende i sensi.

In cosa consiste la bellezza per gli artisti neoclassici?

Il Neoclassicismo promuove una rinascita dei valori classici, gli artisti si volgono nuovamente, come già nel Rinascimento, all’arte greca. “Il buon gusto ebbe origine in terra greca” affermerà il Winckelmann. Il bello diviene modello di perfezione, si ricerca una Bellezza idealizzata. In arte il bello non si ottiene copiando la natura ma selezionandone i suoi aspetti migliori. E la chiave per raggiungere la bellezza è secondo il Winckelmann l’imitazione dell’arte greca, un’arte dove regnava l’armonia, l’equilibrio, la perfezione, l’unità, la proporzione, valori sui quali si basa il mondo classico. Imitare non vuol dire però copiare. Agli artisti neoclassici viene richiesto di conoscere l’arte classica  per restituirne lo spirito più profondo, senza limitarsi a copiare. E questo farà anche il Canova.

Altra principale caratteristica dei capolavori greci è “una nobile semplicità ed una quieta grandezza”, affermerà il Winckelmann, sia nella posizione che nell’espressione. Per spiegare questo concetto utilizza la metafora del mare: “Così come la profondità del mare rimane sempre tranquilla, per quanto infuri la superficie, così l’espressione delle figure degli eroi greci mostra, in mezzo a tutte le passioni, un’anima grande e posata”, rappresentata nella scultura greca dal tradizionale sorriso stereotipato che non tradisce mai forti emozioni ma esprime equilibrio e serenità.

Interessante è il capitolo del “Bello nell’arte” di Winckelmann dedicato alla grazia che viene definita un dono del cielo. La grazia agisce nella semplicità, nella quiete dell’anima ed è offuscata dalle violente passioni. La grazia è la prova più convincente della superiorità che le opere antiche hanno sulle moderne. Essa è come l’acqua che tanto è migliore, quanto meno ha gusto. Lo scultore di Possagno viene così definito uomo divino, grazie alla sua capacità di imprimere l’ideale nelle sue candide sculture, trasformandole così in summa delle teorie del Winckelmann. I suoi capolavori parlano un linguaggio fatto di armonia, bellezza ideale, unità, proporzione, semplicità e grazia. Così l’anima del fruitore si sente teneramente commossa dalle sue meditazioni sul tema dell’amore e la grazia del sentimento.

Infine il Winckelmann ci esorta a non cercare i difetti e le imperfezioni delle opere d’arte senza prima aver appreso a conoscere e distinguerne il bello. Un invito ad aprire i nostri occhi al Bello, per riuscire davvero a imparare a “guardare oltre”.

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