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Mai come ora Resistenza significa innanzitutto memoria. Arrivati a varcare la soglia del 70° anniversario della Liberazione dell’Europa e dell’Italia dal nazifascismo dobbiamo fare i conti con la scomparsa di quella generazione che quel periodo l’ha agito e vissuto in maniera attiva, uomini e donne che hanno contribuito, pagando un prezzo altissimo, alle riconquiste sociali e democratiche di cui oggi possiamo beneficiare.
Il 25 aprile 1945 l’Italia e l’Europa riconquistarono la propria Libertà dopo anni di dittatura e di guerra. Una Libertà che dopo 70 anni festeggiare e rielaborare attraverso iniziative culturali risulta in primis un dovere morale per ricordare che non vi furono esclusivamente i liberatori, gli Alleati ma soprattutto uomini e donne che si liberarono, partendo dal basso, giovani ribelli partigiani pronti alla lotta contro una società non consona all’etica civile, paralizzata davanti al dittatore. L’idea di una mostra fotografica per riappropriarci di quella memoria che è tappa fondamentale per definire la nostra identità in un periodo storico critico e dai delicati equilibri come quello contemporaneo.
Nell’esposizione, curata da Salvatore Trapani ed Elisabetta Del Monte, l’arte dialoga con il concetto di “Resistenza” visto dalla contemporaneità, dalla fotografia. Da sempre artisti quali Picasso, Guttuso, Grosz, Kokoshka, Dix ci hanno messo in guardia sulle terrificanti conseguenze che avrebbero avuto la cieca e mesta accettazione degli schemi culturali fascisti. Combattere il Fascismo quando era al potere fu quindi un gesto eroico.
In mostra sono presenti opere di artisti provenienti da Reggio Emilia, Berlino, San Pietroburgo, San Francisco, Modena, Milano e Padova a rappresentare lo spirito artistico contemporaneo verso la Resistenza.
Gli artisti Chiara Pavolucci, Francesco Berti, Damiano Dzalagonia, Emanuele Torti hanno come milieu rappresentativo la città di Berlino, città nella quale vivono, che per loro diventa metafora assoluta di Resistenza per aver vinto sul buio delle dittature e della guerra. Francesco Berti e Damiano Dzalagonia evocano il Monumento agli Ebrei Uccisi d’Europa nella Ebertstrasse a Berlino, con le stele ed un volto dagli occhi dolci e profondi sovrapposto in evanescenza, per ricordarci che quel popolo, condannato dallo sterminio, ha vinto sul mostro che li voleva sterminare.
Chiara Pavolucci provoca con forza matura alienando il fruitore con l’uso di simbologie dominanti quali la corda e le fronde d’albero a coronare un nudo femminile, con l’invito a sondarne il messaggio criptico di liberazione.
Vasco Ascolini, attraverso fotografie nitidissime, denuncia la medicina psichiatrica nei manicomi la quale, con il suo alibi scientifico, ha provocato sofferenza agghiacciante, in quanto autorizzata ed imposta dalla legge. Sullo stesso tema il reportage dedicato ai graffiti realizzati dai malati del manicomio San Lazzaro di Reggio Emilia, realizzato da Angelo Bariani. Con queste opere denuncia la piena coscienza dei malati chiusi in cella e costretti a rimanervi anche durante i bombardamenti, a testimonianza di una follia non paragonabile a quella fascista. Davide Fabrizio Brusà invece si è recato nei luoghi partigiani ponendovi elementi di estraniamento storici, dove basta una piccola scintilla di presente per farci rivivere quel passato. Opera affine quella di Matteo Mezzadri che ripercorre luoghi e temi vissuti dal nonno ferito in guerra. Ferita che ha portato in sé per decenni, un proiettile, rappresentato attraverso la scultura, che gli venne estratto a trent’anni dalla fine del conflitto e che condizionò la sua vita. La lotta per la vita viene rappresentata nelle fotografie di Emanuele Torti attraverso quei batteri e microrganismi che cercano di sopravvivere correndo verso l’ultima bolla di ossigeno. Lotta per la sopravvivenza che è quindi insita nelle creature viventi delle quali l’uomo fa parte. Da San Pietroburgo l’opera di Vova Stepanov propone la sua metafora di Resistenza: la caccia alle streghe nel Medioevo. Le credenze hanno condizionato la storia d’Europa, per le credenze si è sterminato e si continueranno a distruggere culture e vite. Giuliano Ferrari, infine, ci narra la Resistenza da Auschwitz, luogo del male assoluto, dove molti opposero contro l’ordine del terrore il loro no. Un no che continua ancora oggi, da chiunque visiti quel luogo del dolore, come le scolaresche che ogni anno si recano al Viaggio della Memoria. La mostra ci testimonia che tutto ciò non può restare una pagina del nostro passato. “Resistere” deve essere un imperativo civile sempre pronto ad attivarsi nelle nuove generazioni, pena la perdita della libertà stessa. Un monito a proseguire nelle conquiste di questi settant’anni, sentendoci sempre protagonisti e custodi della nostra democrazia.

Testo rielaborato tratto dal catalogo della mostra

Resistenza e Arte: eredità e contemporaneità

Museo “Il Correggio”
Palazzo dei Principi, Corso Cavour 7
Correggio (RE)
Italy




programma completo sul sito
Per informazioni rivolgersi a:
direzione@art-resistance-shoah.org
Istoreco tel. 0522-437327


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