Per quale contesto venne realizzata l’opera?
Sergei Shchukin, ricco commerciante di stoffe moscovita e raffinato collezionista d’arte, commissionò a Matisse una tela da collocare nel suo palazzo, dimostrando una straordinaria capacità di prevedere gli sviluppi della pittura del Novecento. Il palazzo fungeva da meravigliosa cornice ad opere di Monet, Cèzanne, Van Gogh, Gauguin, Picasso, esprimendo il suo gusto per l’arte del Novecento. L’opera doveva quindi dialogare con i grandi capolavori dell’epoca in un luogo frequentato da artisti e conoscitori d’arte. Quale occasione migliore per l’artista! Shchukin scoprirà il genio di Matisse e dopo qualche momento di perplessità, deciderà di dare all’artista un’opportunità, sfidando il gusto comune borghese e diventando nel tempo il suo principale collezionista.
Cosa rappresenta il tema della danza per Matisse?
La danza è l’espressione di un sentimento, la gioia di vivere, attraverso il dinamismo sfrenato dei corpi in tensione. La danza è l’essenza del ritmo, un vero inno alla gioia, alla religione della felicità e la felicità, si sa, è contagiosa, si trasmette in maniera vitale da un essere all’altro.
Dirà l’artista: “Amo molto la danza. È una cosa straordinaria: vita e ritmo. Quando ho dovuto dipingere una danza per Mosca, sono andato una domenica al Moulin de la Galette, sulla collina di Montmartre. Ho guardato come danzavano la farandola…i ballerini, tenendosi per mano, corrono attraverso tutta la sala, avvolgendo come un nastro la gente un po’ sconcertata. Tornato a casa ho composta la mia danza su di una superficie di quattro metri, canticchiando lo stesso motivo in modo che tutta la composizione si muovesse allo stesso ritmo”. Il tema verrà scelto da Matisse seguendo quella che sarà per lui una vera urgenza interiore. L’opera doveva essere collocata lungo lo scalone del palazzo moscovita ed è stata concepita per un visitatore che proviene dall’esterno e che occorre spingere a fare uno sforzo per salire lo scalone, dandogli quindi un senso di leggerezza. La stessa immagine di figure nude intrecciate in un girotondo aveva già preso vita nell’opera “La gioia di vivere” del quale la danza ne è un dettaglio che l’artista ha reso monumentale ed autonomo. Un girotondo: un’immagine primordiale, che emana un’energia ancestrale, una forza misteriosa. Le pose sono innaturali, quasi acrobatiche; le figure, ridotte a delle piatte silhouette bidimensionali, paratattiche, attraverso la deformazione di quei corpi in tensione diventano estremamente espressive, esprimendoci la tensione dei corpi nella danza, a formare volutamente non un cerchio, simbolo di quiete e pace ma un ovale inclinato, simbolo di un’ irregolare vivacità. Le figure danzano su di una collina, sul limite estremo tra terra e universo. Ma il cerchio rimane aperto: le due figure in primo piano tentano, inarcando i loro corpi, di chiuderlo ma invano: le mani non si intrecciano, quasi un invito alla partecipazione, a farci coinvolgere dal ritmo gioioso di fronte al quale non si può rimanere passivi. Un invito all’azione, alla condivisione della gioia, un sentimento così traboccante che non si può confinare o tenere per sé, che diventa pieno e vivo solo se condiviso.
In cosa consiste il linguaggio della decorazione per Matisse?
Al linguaggio della decorazione spettava il compito di esprimere lo spirito, le sensazioni, le visioni interiori dell’artista. Tutto nell’opera subisce un processo di riduzione mediante l’utilizzo di linee arabescate, motivi decorativi, deformazioni e stilizzazioni al limite dell’astrazione. Tutto diviene pura decorazione, qualcosa che rifugge dall’interpretazione del reale. L’artista ricrea una realtà altra, dove le tinte piatte ed i colori puri vengono collegati in accordi, creando un’armonia simile a quella musicale. “Un’unica tonalità” affermerà l’artista, “non è che colore; due tonalità sono un accordo, sono vita” ed i contrasti cromatici servono per creare un effetto, in questo caso rendere l’effetto del ritmo energico della danza attraverso il contrasto delle note accecanti del mattone, del blu profondo, del verde.
Come definisce l’artista l’espressività?
L’espressività per Matisse risulta dall’intera composizione: il posto occupato dai corpi, gli spazi vuoti, il cromatismo. La composizione è l’arte di accostare tutti i diversi elementi in modo decorativo per esprimere uno stato d’animo. E sopra tutto dominano sinfonie di puro colore atte a tradurre l’essenza dell’intensità dell’impatto emotivo. Questo è il Fauvismo, così veniva definito l’Espressionismo francese di inizi Novecento: una pittura che trasmette un’incontenibile felicità esistenziale, complice il clima liberale che si respirava in Francia all’epoca. Nato in un clima di rottura con la tradizione accademica e alla ricerca della più completa libertà espressiva dove gli artisti erano considerati dei veri selvaggi per la loro ricerca volta all’energia espressiva del colore, attraverso il libero sfogo dei colori puri in superfici dense di selvaggi contrasti.
Quanto i viaggi dell’artista hanno influenzato il suo stile?
Dalla Bretagna dove scoprì l’Impressionismo e dove nacque il suo appassionato entusiasmo per i colori, alla Corsica, dove la luce del Mediterraneo schiarì la sua tavolozza; da Algeri dove rimase colpito dal ritmo decorativo e dai colori dei tessuti all’Italia, dalla Russia al Marocco, dalla Costa Azzurra a Tahiti, fino a New York. “Mi sono cercato ovunque” affermerà l’artista nell’attesa che l’intuizione gli indichi la via. La sua strada venne segnata dal fascino che nutriva per l’arte orientale in tutte le sue forme. Per questo amava collezionare ceramiche, stoffe, tappeti, oggetti di arte decorativa orientale dai quali traeva spunto per le sue tele. Gli stessi colori ne “La danza” sono i tre principali colori che si ritrovano nelle ceramiche e miniature persiane. L’arte orientale gli insegnò ad applicare il colore puro su grandi superfici, a ridurre il disegno alla linea ornamentale dell’arabesco e a trattare lo spazio in maniera piatta allo scopo di ottenere effetti vivaci con mezzi semplici.
E per concludere una citazione di Matisse:
“Bisogna lasciare ad ogni colore la propria area nella quale si possa espandere. Limitando un colore alla parte interna di una qualsiasi linea lo annienti perché si distrugge la sua capacità di estensione. L’importante è consentirgli di espandersi. Allora puoi dire che il colore respira. Così dipinge Matisse”.
Questa la bellissima lezione di Matisse sul significato profondo della parola libertà.