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“Questo bacio a tutto il mondo.
Le arti ci conducono fino al regno dell’ideale, ove soltanto possiamo trovare pura gioia, pura felicità, puro amore”.

 

Questi i versi di Schiller che Klimt volle rappresentare con il Fregio dedicato alla figura del grande musicista Beethoven.
Come l’artista espresse nei dipinti precedenti per l’università di Vienna, le discipline quali la filosofia, la medicina e la giurisprudenza non sono in grado di garantire agli esseri umani una vita piena e felice. Per la generazione di Klimt e per gli artisti Secessionisti che amavano l’utopia, solo l’arte aveva un potere salvifico.
I Secessionisti ambivano alla creazione dell’opera d’arte totale, dove non vi era più distinzione tra le varie arti, dove tutte potessero dialogare alla pari.
Nasce così l’idea, nel 1902, di creare un’esposizione dove musica, pittura e scultura potessero esprimersi in un unico evento: la XIV Esposizione dei Secessionisti viennesi a celebrazione del grande compositore Beethoven, incarnazione di quel genio che, attraverso la sua opera, esprime l’esaltazione dell’amore come mezzo per redimere l’umanità.
L’esperienza che si presentava al fruitore era di tipo sinestetico. Non appena varcata la soglia del Palazzo della Secessione, candido tempio dell’arte secessionista, si poteva godere delle immortali note della Nona Sinfonia, l’Inno alla Gioia di Beethoven, diretta da Gustav Mahler, mentre all’entrata si scorgeva la statua di Max Klinger, dedicata al genio musicale, caratterizzata da un’aura di sacralità.
Fu in questa occasione che Klimt decise di realizzare il Fregio di Beethoven, un fregio decorativo che si sviluppava lungo tre pareti per circa 24 metri, trasposizione simbolica dell’ultima sinfonia di Beethoven.
Il capolavoro si compone di tre sezioni: L’anelito alla felicità, le “Forze ostili”, trionfando con l’”Inno alla gioia”. I materiali utilizzati sono colori alla caseina, stucco applicato e doratura. La lettura dell’opera è sequenziale e volta all’impulso di decifrarne i segreti racchiusi nel profondo simbolismo criptico. Nel primo settore si scorge il soldato armato, sostenuto dalle forze dell’orgoglio e della compassione, che lo spingono ad intraprendere il cammino verso la Felicità. L’umanità dolente, in ginocchio, volge la sua preghiera al soldato. Il secondo pannello è dedicato all’ostilità delle forze avverse dove trionfa il gigante Tifeo, allegoria del materialismo, di quelle forze che ci fanno tendere verso il basso, accerchiato dalle sue figlie, le tre Gorgoni: Malattia, Follia e Morte assieme ai vizi Lussuria, Impudicizia ed Intemperanza. Segue l’allegoria del dolore struggente.
La vita intesa come una lotta dell’anima per raggiungere la gioia contro l’oppressione di ogni forza ostile che si pone tra noi e la felicità terrena.

La terza parete presenta il tema della Poesia, unica via per placare l’anelito alla felicità. Le Arti ci guidano così nel regno ideale, dove soltanto possiamo trovare gioia, felicità, amore, avvolti dal coro degli angeli del Paradiso.
Il Fregio termina con “Questo bacio a tutto il mondo” dove l’eroe, ormai privo della propria corazza, si abbandona al dolce abbraccio della figura femminile; è il ritorno dell’eroe al grembo materno, un bagno nelle origini, la fine del viaggio verso un corpo che egli non avrebbe mai voluto lasciare, quel grembo femminile che diventa simbolo dell’accoglienza, unica speranza dell’umanità, dove la donna diventa la vera vincitrice.
Nonostante la forza espressa dalla sua muscolatura, le braccia della donna lo rendono prigioniero, quasi a volerlo proteggere. I due corpi, simbolo dell’elemento maschile e femminile, sono avvolti da un velo d’acqua che li tiene uniti, con leggerezza.
A rafforzare questo legame si sviluppa attorno alle figure un bozzolo dorato, etereo e divino, quasi a voler proteggere qualcosa di sacro e puro. Sopra i loro volti gli elementi naturali del sole, simbolo maschile e della luna, simbolo femminile. È il tripudio del raffinato decorativismo dello stile klimtiano, della bellezza dell’ornamentazione, della sensualità del disegno, dove si ritrovano richiami all’arte orientale nella rappresentazione dei vizi umani, all’arte egiziana nella rappresentazione del coro degli angeli del Paradiso, all’arte micenea nel decorativismo a spirali che circonda l’abbraccio finale e la figura della Poesia, all’arte africana nelle orride maschere che abitano il regno del male ed ai mosaici bizantini nell’utilizzo della doratura, in seguito al viaggio dell’artista a Ravenna.
È il trionfo dell’amore, l’unica forza, assieme all’arte, in grado di redimere, salvare, proteggere.

One thought on “Gustav Klimt, Beethoven Frieze: “This kiss to the whole world”

  1. Perché Klimt non è solo “Il Bacio”. Quest’opera è tra le più belle e riuscite dell’artista. L’anelito alla felicità umana si placa nella Poesia, bellissima immagine.

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