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Non lo stile di Auguste Rodin, non l’analisi delle sue opere ma le sue parole. Perché il pensiero di un artista, le sue riflessioni più intime sulla natura dell’arte, sono di grande aiuto per penetrare il mistero delle sue opere. La parola quindi al grande maestro, attraverso la lettura delle “Conversazioni sull’Arte” raccolte da Paul Gsell, di estrema attualità se rapportate all’epoca contemporanea.

La nostra è l’epoca degli ingegneri e degli industriali, non è affatto quella degli artisti. Nella vita moderna si cerca l’utilità, ci si affanna a migliorare materialmente l’esistenza. Lo spirito, il pensiero, il sogno, son ormai fuori questione. L’arte è contemplazione. È il piacere dello spirito che penetra la natura e v’intuisce lo spirito da cui essa stessa è animata. È la gioia dell’intelligenza che vede chiaro nell’universo e lo ricrea illuminandolo di coscienza. L’arte è la più sublime missione dell’uomo poiché è l’esercizio del pensiero che tenta di capire il mondo e di farlo capire.
Ma oggi l’umanità crede di poter fare a meno dell’arte.
Non vuole più meditare, contemplare, sognare. Le alte e profonde verità le sono indifferenti. L’umanità attuale non sa che farsene degli artisti. Gli artisti devono purtroppo sempre fare i conti con il misoneismo dell’opinione pubblica.

La Bellezza è ovunque. E non è che difetti ai nostri occhi ma sono i nostri occhi che difettano nello scorgerla.
In Arte è bello soltanto ciò che ha carattere. Il carattere è l’anima, il sentimento, l’idea che esprimono i tratti di un volto, i gesti e le azioni di un essere umano, le tonalità di un cielo, le linee di un orizzonte. Per il grande artista tutto, in Natura, ha carattere.

“Non succede mai che il volto sia in disaccordo con l’anima?”
“Mai”
Eppure ricorderete il famoso detto:” Non bisogna mai giudicare le persone secondo l’apparenza”
“Una massima, a mio parere, che vale solo per gli osservatori superficiali. L’apparenza può ingannare solamente ad un esame frettoloso”

A mio avviso la religione è tutt’altra cosa che balbettare un credo. È il sentimento di tutto ciò che nel mondo è inesplicato e inesplicabile. È l’intuizione di tutto ciò che nella Natura non cade sotto i nostri sensi, l’aspirazione della nostra coscienza verso l’infinito, l’eternità, verso la conoscenza e l’amore senza limiti. In questo senso io sono religioso. Se la religione non esistesse, avrei avuto bisogno d’inventarla. I veri artisti sono i più religiosi tra i mortali. Le linee e i colori per noi non sono altro che i segni di realtà nascoste. I nostri sguardi penetrano oltre la superficie fino allo spirito, e dopo, quando riproduciamo dei contorni, li arricchiamo del contenuto spirituale che racchiudono. Quando un buon scultore modella un torso umano, non rappresenta soltanto muscoli, ma la vita che li anima. Lo scultore compie un atto di adorazione.

… è verso la serenità che dobbiamo tendere …
“Io considero utile tutto ciò che ci dona la felicità. E niente al mondo ci rende più felici della contemplazione e del sogno.

Auguste Rodin

Testamento di Rodin

“Amate appassionatamente la vostra missione. Non ne esiste una più bella. È molto più alta di quanto il volgo ritenga. L’artista adora il suo lavoro: la sua ricompensa più preziosa è la gioia di fare il proprio dovere. Il mondo sarà felice solamente quando tutti gli uomini avranno anime d’artista. L’arte è anche una splendida lezione di sincerità, l’artista esprime sempre ciò che pensa, egli ci insegna la franchezza. Ah, come la società si sbarazzerebbe delle brutture e con quale rapidità la nostra terra diverrebbe un Paradiso!”

 

4 thoughts on “Auguste Rodin”

  1. “Io considero utile tutto ciò che ci dona la felicità. E niente al mondo ci rende più felici della contemplazione e del sogno”. Un concetto di utilità così lontano dal sentire comune, eppure così vero: la felicità è l’aspirazione più alta dell’uomo, che lo rende davvero uomo perché realizza appieno la sua natura; e allora, perché non ritenere sommamente utile ciò che sommamente ci realizza come persone?
    I Greci ben lo sapevano: ecco perché privilegiavano il pensiero teorico rispetto a qualsiasi applicazione pratica, e gli artisti erano così ostili all’idea di “contaminarsi” con i τεχνῖται, percepiti come βάναυσοι, semplici artigiani. Utili certo – questi ultimi – ma di un’utilità minore, quella dell’urgenza immediata. Questo ha inibito in Grecia un progresso pratico commisurato al progresso teorico del quale i contemporanei di Socrate, Platone e Aristotele furono tuttavia i più grandi propulsori.
    Ed ecco perché la nostra società tende a considerare sommamente inutile la cultura classica, cui pur tributa formale ossequio: perché conferendo al Bello e al Buono la priorità assoluta, essa per contrasto definisce il Malvagio e il Brutto nel campo dell’utilitarismo (non dell’Utile, si badi!), della superficialità tecnocratica, dell’edonismo e dell’ottimismo più ipocriti. Davvero, a osservare certi sorrisi artefatti della nostra quotidianità si percepisce quanto sia vero che il volto non è mai in disaccordo con l’anima…

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