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Cosa esprimono gli spazi di luce pura di Rothko?

Le sue creazioni traggono il fruitore all’interno di spazi cromatici pregni di luce.
“Io non sono un artista astratto. Non mi interesso dei rapporti di forma e colore.
Mi interessa soltanto esprimere le più fondamentali sensazioni umane, tragedia, estasi, fatalità attraverso contrasti cromatici di grande tensione.Il fatto che molte persone dinanzi ai miei quadri crollino e si mettano a piangere dimostra che io sono in grado si dare espressione a queste sensazioni. E se voi vi interrogate solamente sui loro rapporti cromatici, allora vi sfugge l’essenziale”.Il colore quale mezzo per comunicare l’esperienza di una realtà trascendentale. Le campiture hanno infatti una forza mistica, meditativa, emozionale. La luce palpita davanti ai nostri occhi, è attiva, si espande ed il contatto della luce con il margine produce l’apparizione di sfumature attraverso contrasti cromatici. È l’espressione della lotta tra i colori puri in contrasto e non l’espressione della loro affinità.

Quale chiave di lettura hanno le sue opere?

Si deve penetrare nella sua opera e vagare al suo interno. La loro spiegazione nasce dallo stabilirsi del rapporto intimo tra quadro e spettatore grazie alle dimensioni di grande formato che permettono al fruitore di immergersi in uno spazio di luce.L’opera non può vivere nell’isolamento e necessita dello sguardo di un osservatore sensibile, libero dagli schemi di pensiero convenzionali. Senza quello sguardo il dipinto muore.
In mezzo a questo mondo di supermaket, con migliaia di cibi in scatola allineati, di grandi magazzini, perché aggiungere altri oggetti? Quella luce erode tutto ciò che lo circonda creando un vuoto liberatore.Un luogo del silenzio, di purificazione contro il tumulto esterno. Un silenzio che scuote le coscienze. I suoi quadrinon chiedono di essere osservati ma vi fermano, fermano ciò che stavate per dire, vi costringono ad immergervi e a riflettere.

Quali esperienze portarono Rothko alla creazione delle sue opere?

“L’esperienza tragica era l’unica fonte artistica” affermerà l’artista. L’obiettivo delle sue opere era quello di dare espressione al dramma umano universale: tragedia ed estasi erano considerate quali condizioni essenziali dell’esistenza. Nato in Lituania nel 1903, ebreo, visse in prima persona le persecuzioni degli ebrei da parte dei cosacchi dello zar. Fu in questa atmosfera cupa che crebbe Rothko. Immagini quali le fosse rettangolari scavate nei boschi intorno a Dvinks dove erano stati sepolti gli ebrei rimarranno per sempre impresse nella sua memoria, affiorando anche nella sua pittura. Da qui deriverà appunto la scelta del formato tipico rettangolare per le sue tele. Il padre decise poi di emigrare negli Stati Uniti. Si formò a New York durante gli anni della Depressione diventando uno dei protagonisti dei cosiddetti “espressionisti astratti”, prendendo parte alla New York School. Per la prima volta nella storia dell’arte un gruppo di artisti americani assumeva la valenza di movimento di fama internazionale. La New York School aveva due anime: quella dell’Action painting di Pollock, di matrice gestuale, dove i sentimenti venivano espressi attraverso l’azione pittorica e quella del Colorfield Painting, pittura delle campiture, in cui invece la forza emozionale del colore assunse un ruolo predominante.

I Seagram Murals di Rothko, una storia di onestà intellettuale.

La società newyorkese tentò di ridurre anche le sue opere a semplici oggetti da vendere. La tentazione per l’artista si presentò nel 1958 sotto forma di una magnifica commissione da parte di un lussuoso ristorante di New York, il Four Seasons, il più caro ristorante mai costruito all’interno del Seagram Building di Park Avenue, capolavoro dell’architettura contemporanea degli Stati Uniti, luogo di ritrovo del jet set americano. Le superfici cromatiche realizzate dall’artista ricordano elementi architettonici, colonne, porte e finestre che danno all’osservatore un senso di chiusura, di claustrofobia, pur facendo intuire, al di là, un mondo sconosciuto. Rothko accettò l’incarico perché sperava di dipingere qualcosa che avrebbe tolto l’appetito a chi avrebbe mangiato in quello spazio. Nel caso in cui il ristorante avesse rifiutato i suoi dipinti, sarebbe stato per l’artista il migliore dei complimenti. Ma i suoi quadri vennero accolti. L’opera di Rothko, con il suo silenzio, avrebbe invitato il contemplatore ad esaminarsi. La sua opera avrebbe potuto affermarsi quindi solamente distruggendo un tale ambiente. Rothko, accettando che le proprie opere vi fossero esposte, aveva accettato che non venissero capite, che non fossero niente per quel genere di persone, solo un po’ di colore su un muro. Perché allora l’artista aveva rifiutato? Perché la serie dipinta risulta essere incompatibile a quel luogo, immagine per eccellenza dell’alta società newyorkese. L’artista aveva avuto l’intelligenza di portare a termine l’opera per far riconoscere la qualità del proprio operato ma allo stesso tempo, preservando la propria opera da quel luogo è riuscito ad associarla a tale luogo in modo determinante per il suo significato. Si afferma di nuovo così il potere distruttivo, purificatore, delle sue opere e l’esigenza dell’artista di coerenza tra le sue idee e le sue azioni.

Quale rivoluzione ed insegnamento porta in sé il linguaggio di Rothko?

L’artista moderno, distaccandosi dalle apparenze del mondo materiale con le quali la nostra società ha rivestito ogni aspetto della vita, ha fatto sì che l’arte astratta diventi un linguaggio dello spirito. Ed i quadri di Rothko sono vita spirituale pulsante. Un’esperienza profonda. Di fronte ai suoi quadri abbiamo la sensazione precisa di trovarci in presenza di qualcosa di importante, poesia e luce. Il semplice fatto di essere stato in grado di portare avanti questa ricerca in un tempo in cui gli unici mezzi per farsi sentire erano l’esibizione di forza ed il chiasso è una straordinaria dimostrazione di coraggio. Rothko ci dimostra così di possedere quella forza interiore che dona al silenzio una straordinaria efficacia comunicativa.

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